surrealismo
Il Surrealismo si diffonde in Europa a partire dal 1924, anno di pubblicazione del Manifesto del Surrealismo di André Breton.
È un movimento di dimensione europea, che coinvolge le arti figurative ma anche la letteratura, la poesia, il teatro, il cinema. Influenzerà l'arte di tutto il Novecento.
Il Surrealismo è l'arte dell'inconscio. Sull'onda di quanto fa negli stessi anni il medico Sigmund Freud con la psicanalisi, l'arte surrealista mette a nudo gli oggetti nascosti della nostra coscienza e la sua componente irrazionale.
L'artista rappresenta il sogno allo stesso modo della realtà, e ciò produce immagini inconsuete e sorprendenti. Egli dà forma a ricordi improvvisamente riemersi, descrive stati visionari e di allucinazione, indaga i meccanismi profondi di gesti abitudinari, di azioni o pensieri.
Secondo Breton, le immagini devono essere tracciate sulla carta o sulla tela in modo diretto, “automatico”, al fine di liberare gli strati più profondi dell'inconscio.
René Magritte e Salvador Dalì dispongono nelle tele immagini tratte mondo reale, ma le accostano in modo paradossale e inconsueto; ad esempio ne modificano le dimensioni, ne deformano alcune parti o le ambientano in contesti anomali. Questa nuova realtà, descritta con tanta esattezza, è ambigua e comunica un senso di assurdo. Il significato dell'opera può essere celato nel titolo, in un'immagine nascosta o nella relazione tra figure apparentemente estranee o, ancora, può rimanere misterioso.
Salvador Dalì
Il catalano Salvador Dali approda al Surrealismo nel 1929, dopo che la sua pittura aveva subito suggestioni futuriste, metafisiche e cubiste. Egli definisce la sua pittura “critico-paranoica”: spiega, cioè, che nel guardare un oggetto ne vede, e dunque ne dipinge, un altro. Dalì dipinge rocce che assumono forme umane, statue, oggetti deformati; ogni dettaglio è reso con estrema cura e questo accentua l'effetto inquietante delle sue immagini.
Joan Mirò
Il catalano Joan Mirò ha cercato la purezza e la semplicità d'espressione, raggiungendola in un linguaggio dai tratti quasi infantili. In realtà, le sue opere derivano da un attento lavoro di controllo e di semplificazione, finalizzato a rappresentare le proprie percezioni, gli impulsi della memoria o dell'inconscio: segni e figure irreali si rincorrono e si sovrappongono, rimangono sospese nel vuoto; altre forme e colori sembrano emergere da una dimensione incantata. Il suo gesto grafico non è mai casuale, ma è preceduto da una profonda riflessione.
Mirò giunge a Parigi nel 1919, dove viene a contatto con le esperienze fauves e cubiste; egli rimane, però, affascinato soprattutto dalla fantasia e dalla creatività degli artisti surrealisti. Dal 1944 si dedica alla ceramica, più tardi alla decorazione murale.
• Mirò crea un alfabeto di segni. Le sue composizioni sono come scritture figurate: astri, soli, lune, sagome che ricordano forme umane, animali, vegetali o minerali; segni a forma di virgole, accenti, asterischi.
• I colori sono pochi, in prevalenza i primari, e usati puri, senza sfumature.
• Abolisce la simmetria nella composizione.
• Abolisce la rappresentazione dello spazio e del volume. In composizioni bidimensionali, le immagini si muovono entro uno spazio rarefatto.
• Ricerca il vuoto, nonostante i segni si dispongano in tutta la superficie.