PUNTINISMO E DIVISIONISMO
Il puntinismo francese
Negli anni Ottanta dell’Ottocento alcuni artisti francesi ripresero le teorie impressioniste sulla scomposizione del colore. Gli Impressionisti, infatti, non mischiavano i colori sulla tavolozza, ma li accostavano sulla tela, divisi in pennellate ben visibili, in modo che il colore risultasse più vibrante e luminoso. Georges Seurat, il caposcuola dei puntinisti francesi, cominciò a studiare scientificamente i rapporti tra i colori, elaborando teorie e modelli scientifici, in modo che gli accostamenti di colore non fossero più legati al gusto e all’improvvisazione, ma a leggi ben precise. Inoltre comincia a scomporre i colori non più in pennellate ma in piccoli punti, in modo che le forme riacquistino contorni nitidi e precisi. Questi piccoli punti di colore, visti a una certa distanza, si ricompongono sulla nostra retina in un’immagine riconoscibile ma brillante e vivace.
Ben presto a Seurat si unisce l’amico Paul Signac, e insieme continuano a lavorare per alcuni anni sulla scomposizione del colore. I temi trattati sono simili a quelli dell’Impressionismo: la natura, le scene di vita quotidiana colte in città o all’aperto, ma si aggiunge il tema del circo, che affascinò e ispirò soprattutto Seurat.
Il divisionismo italiano
Anche in Italia alcuni artisti si appassionano alla tecnica puntinista ma, al contrario dei puntinisti francesi che hanno come riferimento l’Impressionismo, i divisionisti italiani guardano più al realismo ottocentesco e al tardo romanticismo. Giuseppe Pellizza da Volpedo sperimenta e approfondisce nei suoi quadri la tecnica della scomposizione del colore, ma tratta temi sociali in cui esprime le sue convinzioni politiche. Il suo quadro più noto, il “Quarto Stato”, rappresenta una rivolta contadina e, simbolicamente, l’avanzata del nuovo ceto proletario sulla scena sociale.