GAUGUIN
Paul Gauguin si accosta alla pittura tardivamente. Aveva svolto per anni la professione di agente di cambio e pittore solo per hobby. Quando decide di consacrarsi definitivamente all’arte, abbandona sia il suo lavoro che la sua famiglia e si avvicina al gruppo degli impressionisti. Le sue prime esperienze pittoriche sono dunque improntate allo stile impressionista, ma ben presto egli se ne distacca e va alla ricerca di uno stile personale.
Per Gauguin l’arte doveva essere espressione della spiritualità dell’uomo, e quindi cerca di tornare a una pittura più essenziale e primitiva, libera dalle regole occidentali e fortemente evocativa. Affascinato dapprima dalla semplicità figurativa delle stampe giapponesi, si reca in seguito in Bretagna, nel nord della Francia, dove si ispira all’arte tradizionale del luogo e si unisce a un gruppo di artisti.
Qui elabora una tecnica fatta da larghe zone di colore piatto e brillante, forti linee di contorno e figure semplici e stilizzate. Il colore non è mai naturalistico: non corrisponde cioè alla realtà, ma diventa manifestazione del sentimento. I quadri sono sempre pervasi da una profondo ma primitivo misticismo.
Invitato da Van Gogh ad Arles, si reca in Provenza ma qui non riesce a trovare ispirazione nei luoghi circostanti e inoltre non sopporta i continui sbalzi d’umore del fragile amico. Dopo una violenta lite decide di abbandonare definitivamente la civiltà occidentale e parte per la Polinesia. Qui rimane incantato dalla bellezza dei luoghi e dalla semplicità degli abitanti e comincia a dipingere gli indigeni nelle loro attività quotidiane.
Il suo stile matura verso una sempre maggiore semplificazione delle immagini, realizzate con ampie e compatte zone di colori puri, senza chiaroscuro e senza prospettiva. Il colore continua a essere antinaturalistico, cioè non realistico ma evocativo e soggettivo, e i quadri sono disseminati di simboli che richiamano alla mente una religiosità universale e antica.
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